venerdì 6 luglio 2018

Dewayne Johnson il giardiniere che trascina in tribunale la Monsanto: il glifosato è cancerogeno?


Dewayne Johnson, giardiniere californiano malato terminale, chiede alla Monsanto un indennizzo per aver “nascosto la pericolosità“ del glifosato.

Dewayne Johnson è un giardiniere americano. Ha 46 anni, due figli e vive in California. Per molti anni ha lavorato come responsabile degli spazi verdi in un istituto scolastico di Benicia, non lontano da San Francisco. Per la disinfestazione, a partire dal 2012 ha utilizzato il Roundup, prodotto di punta della multinazionale Monsanto (ormai acquisita dalla tedesca Bayer). Secondo il suo avvocato Timothy Litzenburg, è proprio il glifosato contenuto nel pesticida ad avergli procurato un linfoma.

L’avvocato del giardiniere: “Usato glifosato da 20 a 40 volte all’anno”

La malattia, oggi, è ormai in fase terminale. Il medico di Johnson non credeva che sarebbe riuscito ad essere presente all’avvio del processo, nato da una denuncia presentata nel 2016. E invece il giardiniere ha tenuto duro, e nei giorni scorsi ha potuto guardare negli occhi, in aula, i rappresentanti della multinazionale produttrice del Roundup. 
Si tratta della prima volta che la Monsanto viene trascinata in tribunale per rispondere del presunto legame tra il proprio prodotto e i numerosi casi di malattie insorte nella popolazione di lavoratori della terra. Litzenburg, infatti, difende centinaia di persone che si ritengono vittime del glifosato. E se i giudici dovessero condannare il colosso del settore farmaceutico e chimico, quest’ultimo potrebbe essere costretto a pagare enormi somme per indennizzare i malati.
Bayer acquisisce Monsanto
La società americana Monsanto ha accettato l’offerta di Bayer: 66 miliardi di dollari, compreso il debito © Sean Gallup/Getty Images
“Il lavoro del mio cliente – ha spiegato il legale – consisteva nel trattare con il Roundup o con il Ranger Pro (altro diserbante a base di glifosato) il terreno. Ciò avveniva da 20 a 40 volte all’anno, a volte con centinaia di litri”. La malattia è stata diagnosticata nel 2014. Ma Dewayne Johnson era presente in tribunale, lunedì 18 giugno, benché visibilmente debole.
Il giardiniere accusa la Monsanto di aver nascosto la pericolosità del prodotto, confermata dal Centro internazionale per le ricerche sul cancro, organismo dell’Organizzazione mondiale della sanità che, nel 2015, ha classificato il glifosato come “probabile cancerogeno”. Al contrario però, di quando indicato dalle autorità americane e anche dalle europee Efsa e Echa, che vigilano rispettivamente sulla sicurezza alimentare e sui prodotti chimici.
Protest  Monsanto Los Angeles, maggio 2015. Foto © ROBYN BECK/AFP/Getty Images
Proteste contro Monsanto a Los Angeles, maggio 2015 © Robyn Beck/AFP/Getty Images

Una legge californiana permette di accelerare i processi in caso di decesso imminente

Monsanto, da parte tua, ha sempre negato ogni addebito. “Più di 800 studi scientifici, l’Agenzia americana per la protezione dell’ambiente, istituti responsabili della salute pubblica e organismi di controllo del mondo intero hanno concluso che l’uso del glifosato non presenta pericoli. Siamo solidali con i malati ma le evidenze scientifiche indicano che non è tale sostanza la causa delle patologie”, ha affermato l’azienda in una dichiarazione scritta.
Ciò nonostante, di denunce contro il Roundup negli Stati Uniti ne sono state depositate circa quattromila, secondo quanto riportato dal Guardian. La ragione per la quale, tuttavia, si tratta della prima volta che un processo viene aperto è legata proprio alle condizioni di salute di Johnson. Una legge californiana, infatti, permette di accelerare i procedimenti in caso di decesso imminente.
Tratto da: https://www.lifegate.it/persone/news/glifosato-monsanto-processo-stati-uniti

Sembra il racconto di un film americano, di quelli tratti da storie vere di persone che si sono battute in difesa della propria salute contro l’inquinamento ambientale o Big Tobacco, ma è una drammatica realtà: Dewayne Johnson, un giardiniere californiano è malato, ha un linfoma e sostiene che a causare la malattia sia stato il glifosato presente nel Ranger Pro e nel Roundup, l’erbicida della Monsanto.
A causa del suo lavoro il giardiniere ha utilizzato questo prodotto in grandi quantità a partire dal 2012 da 20 a 40 volte all’anno. Ha sviluppato la malattia nel 2014 e nel 2016 ha denunciato la Monsanto, trascinandola in tribunale per rispondere del presunto legame tra il proprio prodotto e i numerosi casi di malattie insorte negli utilizzatori del pesticida. Secondo il suo avvocato Timothy Litzenburg che difende centinaia di persone che si ritengono vittime del glifosato, la Monsanto (da poco acquisita dalla Bayer) deve risarcire e indennizzare i malati.
E’ la prima volta che la Monsanto deve affrontare un procedimento giudiziario, nonostante siano circa quattromila le denunce già presentate; una legge californiana consente di accelerare i procedimenti nel caso in cui lo stato di salute del denunciate sia grave, e Dewayne Johnson, che non ha rinunciato a essere presente in tribunale lunedì 18 giugno, è apparso visibilmente debole. Monsanto ha sempre negato ogni addebito, affermando: “Più di 800 studi scientifici, l’Agenzia americana per la protezione dell’ambiente, istituti responsabili della salute pubblica e organismi di controllo del mondo intero hanno concluso che l’uso del glifosato non presenta pericoli. Siamo solidali con i malati ma le evidenze scientifiche indicano che non è tale sostanza la causa delle patologie”. Nel 2015 l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (Iarc) ha classificato il glifosato come “probabile cancerogeno per l’uomo”, mentre l’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa), in seguito alla valutazione dell’Istituto federale tedesco per la valutazione del rischio (BfR), ha affermato che “il pericolo cancerogeno per l’uomo è improbabile”, e l’Agenzia europea per la chimica (Echa) è giunta alla conclusione che “le evidenze scientifiche disponibili non soddisfano i criteri necessari per classificare il glifosato come cancerogeno, mutageno o tossico per la riproduzione”.
I risultati di un’indagine condotta dall’ Istituto Ramazzini hanno mostrato come l’erbicida può alterare alcuni importanti parametri biologici nell’organismo. Lo studio pilota ha indagato gli effetti degli erbicidi a base di glifosato (GBHs) su ratti esposti ad una concentrazione di glifosato equivalente alla dose giornaliera accettabile nella dieta secondo lo US Environmental Protection Agency (cRFD) (1)– 1.75 mg/Kg/die (somministrata in acqua da bere per un periodo 3 mesi). Si è focalizzato sui possibili effetti durante il periodo neonatale, l’infanzia e l’adolescenza. I risultati mostrano che i GBHs sono capaci di alterare alcuni importanti parametri biologici, con particolare riguardo allo sviluppo sessuale, alla genotossicità, e al microbioma intestinale.
Lo studio è stato condotto grazie a fondi raccolti dagli oltre 30.000 soci dell’Istituto Ramazzini. E’ stata lanciata una campagna di crowdfunding per finanziare un’indagine a lungo termine che permetta di estendere e confermare le evidenze emerse nello studio pilota e fornire risposte definitive ai diversi dubbi che rimangono sugli effetti cronici sulla salute dei GBHs, inclusi quelli cancerogeni.



Tratto da:http://www.assis.it/la-monsanto-si-difende-in-tribunale-il-glifosato-e-cancerogeno/


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