Accolto il ricorso di una scuola montessoriana. I Radicali: richiedere le somme fin dal 1992 può valere 13-14 miliardi di euro. La Cei: attività commerciali devono pagare, ma evitare danni ai servizi. L'Anci: "Ora serve una legge per il recupero delle somme"
Lo Stato italiano deve recuperare l'Ici non pagata dalla Chiesa: è quanto hanno stabilito i giudici della Corte di giustizia dell'Unione europea, annullando la decisione della Commissione del 2012 e la sentenza del Tribunale Ue del 2016 che avevano sancito "l'impossibilità di recupero dell'aiuto a causa di difficoltà organizzative" nei confronti degli enti non commerciali, come scuole, cliniche e alberghi. I giudici hanno ritenuto che tali circostanze costituiscano mere difficoltà interne all'Italia". Respinto invece il ricorso sull'Imu.
"La sentenza della Corte di Giustizia dell'Ue non consente direttamente ai comuni di recuperare gettito e soldi per l'Ici non versata, piuttosto sanziona l'Italia per una norma del 2012 per aiuti di Stato". Guido Castelli, delegato Anci per il Fisco locale precisa che "questa sentenza riguarda esenzioni che hanno operato tra il 2007 e il 2011 e non interferisce su ciò che è accaduto dopo il 2012". E continua: "Sarà necessaria una norma di legge che individui il percorso, ove possibile, di recupero delle somme".
La Commissione aveva infatti riconosciuto all'Italia la "assoluta impossibilità" di recuperare le tasse non versate nel periodo 2006-2011 dato che sarebbe stato "oggettivamente" impossibile, sulla base dei dati catastali e delle banche fiscali, calcolare retroattivamente il tipo d'attività (economica o non economica) svolta negli immobili di proprietà degli enti non commerciali, e calcolare l'importo da recuperare.
Modalità alternative per il recupero
La Montessori, sostenuta dai Radicali, nell'aprile 2013 fece ricorso contro la Commissione, ma nel 2016 il Tribunale Ue confermò appunto l'impossibilità di recuperare quanto dovuto. La Corte di giustizia, pronunciatasi in Grande Chambre, ha invece annullato sia la decisione della Commissione europea che la sentenza del Tribunale Ue, spiegando che tali circostanze costituiscono mere "difficoltà interne" all'Italia, "esclusivamente ad essa imputabili", non idonee a giustificare l'emanazione di una decisione di non recupero. La Commissione europea, si legge nella sentenza, "avrebbe dovuto esaminare nel dettaglio l'esistenza di modalità alternative volte a consentire il recupero, anche soltanto parziale, delle somme".Concorrenza sleale
La Corte ha ricordato che i ricorrenti erano situati "in prossimità immediata di enti ecclesiastici o religiosi che esercitavano attività analoghe" e dunque l'esenzione Ici li poneva "in una situazione concorrenziale sfavorevole (..) e falsata". La Corte di giustizia ha ritenuto invece legittime le esenzioni dall'Imu, l'imposta succeduta all'Ici, introdotte dal governo Monti, anch'esse oggetto di contestazione da parte dei ricorrenti. "Siamo molto contenti, è stata una lunga battaglia, ma alla fine Davide ha battuto Golia", commentano le titolari della scuola ricorrente, che ha circa 150 studenti e si trova alla Balduina. "Abbiamo fatto questa battaglia rappresentando l'imprenditoria laica e democratica che voleva contrastare i privilegi che distorcono la vita economica del Paese"."L'Italia obbligata ad intervenire"
È "una sentenza storica" e ora, "se l'Italia non dovesse recuperare gli aiuti, si aprirebbe la via della procedura di infrazione, con altri costi a carico dei cittadini", dice all'Ansa l'avvocato Edoardo Gambaro che, assieme all'avvocato Francesco Mazzocchi, ha presentato il ricorso. "La Commissione sarà obbligata a dare seguito alla sentenza, emanando una nuova decisione e valutando, insieme allo Stato italiano, le modalità di recupero delle imposte non riscosse per lo meno dal 2006".Per Gambaro la sentenza è importante "in primo luogo, sotto il profilo della ricevibilità dei ricorsi: per la prima volta la Corte applica una disposizione del Trattato consentendo ai concorrenti dei beneficiari di aiuti di Stato di impugnare alcune decisioni della Commissione davanti alle Corti dell'Unione". Poi perché "ribadisce un principio cardine della disciplina Ue: in caso di aiuti illegittimi, la Commissione deve ordinare il recupero; l'impossibilità di farlo è eccezionale e non può fondarsi su mere difficoltà interne allo Stato destinatario".
"Una somma tra i 13 e i 14 miliardi"
"Dedichiamo questa vittoria di diritto a Marco Pannella e al Partito radicale, che deve continuare a vivere attraverso gli iscritti per poter portare avanti le battaglie di civiltà in questo Paese", afferma il fiscalista radicale Carlo Pontesilli, promotore della causa insieme all’ex deputato radicale Maurizio Turco. Tra l’altro Pontesilli e Turco, insieme all’avvocato Gambaro, considerando che la sentenza Corte ha implicitamente cancellato la prescrizione relativa agli anni del ricorso, dal 2006 al 2011, sono pronti a sollecitare con una memoria la Commissione a recuperare gli importi non pagati fin dall’istituzione dell’Ici, ovvero dal 1992, per una somma che si aggirerebbe tra i 13 e i 14 miliardi di euro.La Cei: giusto che il commercio paghi, ma evitare danni ai servizi
"Chi svolge un'attività in forma commerciale, ad esempio alberghiera, è tenuto, come tutti, a pagare i tributi. Senza eccezione e senza sconti. Detto questo, è necessario distinguere le modalità con cui le attività sono condotte. Una diversa interpretazione, oltre ad essere sbagliata, comprometterebbe una serie di servizi, che vanno a favore della collettività". È il commento alla decisione della corte di monsignor Stefano Russo, segretario generale della Cei."La sentenza odierna - aggiunge Russo - rileva che la Commissione avrebbe dovuto fare verifiche più minuziose sull'effettiva impossibilità dello Stato di recuperare le somme eventualmente dovute nel periodo 2006-2011.
Le attività potenzialmente coinvolte sono numerose, e spaziano da quelle assistenziali e sanitarie a quelle culturali e formative; attività, tra l'altro, che non riguardano solo la Chiesa".
Infine il segretario dei vescovi sottolinea che "le attività sociali svolte dalla Chiesa trovano anche in questa sentenza un adeguato riconoscimento. La Corte, infatti, conferma la legittimità dell'Imu, introdotta nel 2012, che prevede l'esenzione dell'imposta, quando le attività sono svolte in modalità non commerciale".
Tratto da. https://www.repubblica.it/vaticano/2018/11/06/news/ici_chiesa-210899322/?refresh_ce
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