giovedì 6 settembre 2018

GLIFOSATO: LE DOSI GIORNALIERE AMMESSE PER L’UOMO NON SONO SICURE


La Dott.ssa Fiorella Belpoggi Direttrice dell’Area Ricerca del Centro di Ricerca sul Cancro Cesare Maltoni Istituto Ramazzini illustra i rischi del glifosato.Ricordiamo che la regione Toscana con delibera del 30 luglio u.s. permette l’utilizzo di glifosato, clorpirifos, dimetoato e altri erbicidi, acaricidi, insetticidi nell’ AREA DI SALVAGUARDIA DEI BACINI DI PRELIEVO DELLE ACQUE PROFONDE PER USO POTABILE! AsSIS ha lanciato una campagna per dire NO! AL GLIFOSATO, e invita a esprimere il proprio dissenso. Indicazioni precise cliccando qui
a cura della Dottoressa Fiorella Belpoggi
Il glifosato è l’erbicida più usato della storia: 8.6 Miliardi di Kilogrammi di erbicidi a base di glifosato (GBHs) sono stati utilizzati nel mondo a partire dal 1974. L’uso di glifosato è inoltre aumentato di 15 volte a partire dall’introduzione nel 1996 delle coltivazioni geneticamente modificate (3).
Nel 2015 l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) ha classificato il glifosato come “probabile cancerogeno per l’uomo” (4). L’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA), in seguito alla valutazione dell’Istituto Federale Tedesco per la Valutazione del Rischio (BfR), ha successivamente affermato che il glifosato è “improbabile che ponga un pericolo cancerogeno per l’uomo” (5) e l’Agenzia Europea per la Chimica (ECHA) ha affermato che “le evidenze scientifiche disponibili non soddisfano i criteri necessari per classificare il glifosato come cancerogeno, mutageno o tossico per la riproduzione” (6). Una valutazione del glifosato da parte dello US Environmental Protection Agency (EPA) è attualmente in corso (7).
L’incertezza scientifica che circonda il glifosato e i GBHs ha inoltre determinato un’incertezza politica, come dimostrato dal rinnovo limitato a 5 anni della licenza per il glifosato che è stato concesso nel Novembre 2017 dagli Stati Membri dell’Unione Europea.
L’industria e le autorità regolatorie affermano che siamo esposti solo a livelli “sicuri” di glifosato e GBHs, e che questi non causano effetti tossici. Viene affermato che i livelli di sicurezza sono stati determinati da test di tossicità su animali da laboratorio. Un crescente numero di prove raccolte indica che questi test sono stati finora inadeguati per determinare gli effetti tossici dei residui di glifosato e di GBHs e che il consumo di questi residui può essere un rischio per la salute. Spesso l’industria e le autorità regolatorie affermano che gli effetti tossici del glifosato e GBHs negli studi su animali non sono rilevanti per l’uomo perché la popolazione è esposta solo a livelli “sicuri”, che non sono in grado di provocare effetti avversi. Va tenuto conto che le autorità regolatorie stabiliscono i limiti di sicurezza per l’esposizione alle sostanze chimiche basandosi su dati provenienti dagli studi di tossicità su animali da laboratorio eseguiti dall’industria stessa (di solito il limite è 100 volte inferiore alla dose senza effetti nell’animale di laboratorio, cioè la NOAEL). Proprio per rispondere alla domanda: “le concentrazioni di glifosato ammesse come residuo nell’acqua e negli alimenti, e quindi come dose giornaliera nell’uomo, sono davvero sicure?” l’Istituto Ramazzini ha condotto uno studio “pilota”, ovvero propedeutico ad identificare tutti i punti critici/cruciali, sia scientifici che organizzativi, utili alla pianificazione e allo svolgimento di un progetto sperimentale in vivo a lungo termine.

Lo Studio Pilota

La fase sperimentale pilota dello Studio Globale sul Glifosato si è svolta presso l’Istituto Ramazzini
di Bentivoglio, Bologna, a partire dal 2016. I fondi necessari per lo svolgimento dello studio pilota
sono stati raccolti grazie agli oltre 30.000 soci dell’Istituto Ramazzini Cooperativa Sociale ONLUS.
Per realizzare lo studio l’Istituto Ramazzini ha costruito una rete di partner autorevoli, che includono
 l’Università di Bologna (Dipartimento di Agraria, Veterinaria e Biostatistica), l’Ospedale San Martino
di Genova, l’Istituto Superiore di Sanità, la Icahn School of Medicine at Mount Sinai di New York e
la George Washington University.
La dose utilizzata nello studio pilota è la dose giornaliera equivalente a quella ammessa negli
Stati Uniti per l’uomo, e cioè l’Acceptable Daily Intake (ADI) di 1,75 mg/kg p.c./giorno. L’ADI è
una stima della quantità di una sostanza in cibo o acqua da bere, espressa in base alla
massa corporea, che si stabilisce possa essere ingerita quotidianamente per tutta la vita
 da parte degli esseri umani senza rischi rilevabili per la salute
.
Il trattamento degli animali con glifosato o con GBHs (Roundup Bioflow) è iniziato dal sesto
giorno di gestazione tramite somministrazione delle sostanze test alla madre (generazione F0),
mediante acqua da bere. Alla nascita, i neonati (generazione F1) hanno continuano il trattamento
attraverso il latte materno successivamente, dopo lo svezzamento, il trattamento degli animali
è proseguito in maniera individuale fino a 70 giorni dalla nascita (PND 70) oppure fino a 120 giorni
dalla nascita (PND 120).
I ratti trattati con glifosato puro o con il suo formulato Roundup hanno mostrato livelli comparabili di glifosato e del suo principale metabolita (AMPA) nelle urine, dimostrando quindi una assenza di differenze significative nell’assorbimento ed escrezione di glifosato nei due gruppi di trattamento, ma suggerendo piuttosto un effetto di bioaccumulo del glifosato proporzionale al tempo di trattamento.
I risultati mostrano inoltre che i GBHs, anche a dosi considerate sicure e dopo un periodo relativamente breve di esposizione (equivalente nell’uomo ad un’esposizione dalla vita embrionale fino ai 18 anni), possono alterare alcuni importanti parametri biologici, in particolare relativi allo sviluppo sessuale, alla genotossicità e al microbioma intestinale, in particolare durante lo sviluppo. In particolare, i risultati hanno mostrano una alterazione di alcuni parametri dello sviluppo sessuale nei ratti trattati con GBHs, specialmente nelle femmine. I ratti trattati con GBHs hanno mostrato delle alterazioni statisticamente significative del microbioma intestinale, in particolare durante lo sviluppo. Per quanto riguarda la genotossicità, è stato osservato un aumento statisticamente significativo di micronuclei nelle cellule del midollo osseo nei ratti trattati con GBHs, in particolare nelle prime fasi della vita.
Gli articoli peer-reviewed che rendono pubblici i primi risultati sugli effetti sul microbioma intestinale e sui biomarker espositivi, sono stati pubblicati a fine maggio nella prestigiosa rivista scientifica Environmental Health in formato open access. I dati sui parametri riproduttivi e sulla genotossicità sono attualmente in fase di peer-review e saranno presto pubblicati.
Alla luce di questi risultati appare quindi evidente che i limiti di legge non proteggono a sufficienza la nostra salute e che, quando un pesticida di largo impiego come il glifosato si dimostri pericoloso, si dovrebbe procedere con il bando, così come sembrava aver deciso la Presidenza della Regione Toscana. Dico “sembrava” perché invece non è così, i fatti parlano chiari: con una recente delibera (Disposizioni relative alle aree di salvaguardia. Piano di utilizzazione e per l’impiego sostenibile dei prodotti fitosanitari e dei fertilizzanti (PUFF) e disposizioni per la perimetrazione. Bollettino Ufficiale n. 33, par te prima, del 01.08.2018 ) oggi il glifosato ed altri pesticidi ancora più pericolosi in Toscana, come purtroppo nella maggioranza delle regioni italiane, si possono utilizzare e diffondere nell’ambiente come in passato, in tutti i tipi di terreno agricolo, comprese le aree di salvaguardia dei bacini di prelievo delle acque profonde per uso potabile. L’uso massiccio del glifosato, come sappiamo, ce lo fa ritrovare ovunque come residuo ed è gravissimo che non si prendano misure almeno per preservare l’acqua potabile. Il nostro studio ha dimostrato che, contrariamente a quanto sostiene l’industria, esiste nei mammiferi un processo di bioaccumolo correlato al tempo di esposizione che rende difficile stimare la concentrazione di questo erbicida nel nostro corpo. Teniamo inoltre conto che insieme al glifosato altri pesticidi, ancor più pericolosi, hanno avuto lo stesso tipo di autorizzazione all’uso e che molto poco si sa sui possibili effetti delle miscele di composti pericolosi, anche se a basse dosi.
Questo episodio dimostra ancora una volta che la regolamentazione europea sull’uso dei pesticidi è inadeguata rispetto ai veri bisogni di tutela della salute pubblica. Per esempio: 1) in 50 anni sono stati messi sul mercato 10 milioni di formulati di pesticidi diversi; ogni volta che si procedeva alla registrazione di un nuovo prodotto, gli altri già sul mercato con le stesse caratteristiche e gli stessi utilizzi non venivano ritirati dal mercato, anzi, se erano più pericolosi del nuovo formulato, ci si è sempre limitati ad esportarli nei paesi in via di sviluppo; si capisce bene che, continuando in questo modo, nel 2050 si saranno accumulati sul mercato ulteriori milioni di formulati obsoleti e pericolosi. 2) La composizione dei formulati fa parte del segreto industriale dei produttori, quindi non è possibile sapere cosa contengono: non sappiamo a cosa siamo esposti e il nostro studio, come altri, ha dimostrato che gli effetti del GBH rispetto al glifosato alle stesse concentrazioni erano più pericolosi. 3) Gli studi attualmente, come nel passato, vengono eseguiti senza tenere conto delle dosi reali a cui i cittadini sono esposti, quasi sempre la somministrazione avviene solo in età adulta, ignorando la fase prenatale e neonatale della vita, in cui vi è una maggiore suscettibilità, e troncando gli studi quando gli animali sperimentali hanno 104-112 settimane di vita, corrispondenti a circa 55-65 anni nell’uomo, ignorando così che molte malattie degenerative, compreso il cancro, possono essere dovute ad esposizioni precoci e svilupparsi solo dopo questa età. Gli studi così concepiti sono poco sensibili, le linee guida richiedono un aggiornamento sulla base delle più recenti conoscenze scientifiche.

La campagna di crowdfunding per lo Studio Globale sul Glifosato

L’Istituto Ramazzini, con il supporto di altri Istituti e Università indipendenti dall’Europa agli Stati Uniti, ha ora lanciato una campagna di crowdfunding per finanziare il più grande studio integrato a lungo termine sugli effetti dei GBHs. Infatti, uno studio a lungo termine risulta ora necessario per estendere e confermare le prime evidenze emerse nello studio pilota e fornire risposte definitive ai diversi dubbi che rimangono sugli effetti cronici sulla salute dei GBHs, inclusi gli effetti cancerogeni (https://glyphosatestudy.org/ ).
Il budget totale per questo studio è di 5 milioni di euro e la campagna sta già registrando il supporto di tanti cittadini, Istituzioni e ONG da tutto il mondo. Tutte le finestre di rischio durante l’arco della vita verranno studiate e verranno valutati gli effetti di dosi comparabili a quelle ammesse nell’uomo
L’Istituto Ramazzini, in oltre 40 anni di attività, ha studiato oltre 200 composti presenti nell’ambiente generale e di lavoro e i suoi risultati hanno costituito una solida base scientifica per regolamentare e limitare l’esposizione ad un gran numero di sostanze. Esempi includono: cloruro di vinile, benzene, formaldeide, tricloroetilene e il pesticida Mancozeb.

Tratto da: http://www.assis.it/glifosato-le-dosi-giornaliere-ammesse-per-luomo-non-sono-sicure/
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