domenica 1 aprile 2018

Una Storia sconosciuta in Italia


Quale sia la situazione odierna è noto a tutti: siamo nella fase in cui ci bombardano di relativismo e si detiene ed imprigiona la Verità in poche e ricche mani. Eppure c’è stato un tempo in cui il nostro animo non era tanto debole e il nostro passo era tutto tranne che incerto, ma questo non ci è stato trasmesso ed è andato volutamente perduto tra le pagine della Storia.  Riprendiamoci la nostra forza conoscendo la storia del mondo.





“Mi venne dato l’incarico di lavorare durante le vivisezioni. Dovevo trasportare dei secchi pieni di sangue e di organi interni. Una volta mi diedero il permesso di usare uno scalpello e aprire un maruta. Feci un lungo taglio a partire dal collo aprendo in due il corpo. Era semplice, chiunque avrebbe potuto farlo. […] Per ottenere dei dati accurati dalla vivisezione, i ricercatori volevano che i maruta fossero nel più normale stato possibile. Alle volte venivano messi a dormire con del cloroformio, ma altri venivano legati e aperti mentre erano completamente coscienti. All’inizio i maruta emettevano delle orribili grida, ma in poco tempo la loro voce svaniva.”

Questa orribile testimonianza non è tratta dal diario di un sadico folle assassino, è tratta dalle memorie di uno dei medici giapponesi che presero parte ad uno dei più efferati e disumani progetti della storia dell’umanità: le “Fabbriche della morte”, conosciute anche come “Unità della morte”.


Contestualizziamo il tutto. Siamo nel 1932 quando, con la crescita in Giappone del militarismo, di un sentimento ultra-nazionalista ed imperialista, l’esercito giapponese invase la Manciuria, ovvero la regione a Nord-Ovest della Cina. Lo scopo era di conquistare tutta l’Asia. Qui venne stabilito una sorta di stato fantoccio, con a capo l’ultimo imperatore della Cina, Pu Yi (consiglio caldamente di guardare il film di Bertolucci che intitola per l’appunto L’ultimo imperatore), ma che in realtà era sotto lo stretto controllo del Giappone.
Questo stato fantoccio, definito “Manchukuo”, divenne il luogo perfetto per costruire la prima delle diciannove cosiddette “Fabbriche della morte”, ovvero laboratori scientifici nati con il fine di sperimentare armi batteriologiche, condurre esperimenti medici su esseri umani come ad esempio mutilazioni, congelamenti, e l’iniezione di virus patogeni per la produzione di efficaci vaccini. Tra i virus utilizzati troviamo quello della peste bubbonica, febbre tifoide, brucellosi, febbre gialla, colera, antrace, tubercolosi, tifo, dissenteria, sifilide, botulismo, salmonella, cimurro, meningite da meningococco, tetano, encefalite da zecca, tularemia, febbre emorragica, febbre Tsutsugamushi. Pechino, Nanchino, Changchun, Guangzhou, Singapore, sono alcune tra le città che si videro protagoniste di questo orrore.

Gli esperimenti sugli esseri umani vennero condotti per più di otto anni, dal 1932 fino al 1945, con la resa incondizionata del Giappone. La principale Fabbrica della morte si trovava nei pressi dell’attuale città di Harbin, famosa per le sculture di ghiaccio, dove trovarono la morte tra le peggiori torture più di tremila persone. Passò alla storia con il nome di Unità 731. Non solo uomini, ma anche donne, sfruttate soprattutto per gli studi sulla sifilide, vera e propria piaga per l’esercito giapponese.


Nemmeno i bambini vennero risparmiati. Tutti  i prigionieri venivano definiti maruta, ovvero tronchi di legno, e ad ognuno veniva affidato un numero. I maruta venivano portati all’interno delle Fabbriche della morte attraverso un “trasporto speciale”, composto da una vera e propria linea ferroviaria oppure da camionette della Kenpeitai, ovvero la polizia militare dell’esercito giapponese. Il tipo di esperimento più atroce in assoluto era quello sul congelamento. Durante i rigidissimi inverni della Manciuria le vittime venivano lasciate all’aria aperta e le loro braccia venivano immerse in acqua gelida in modo da velocizzare il processo di congelamento. Se  sopravvivevano, venivano riaccolte all’interno dei laboratori, gli arti già interessati da cancrena venivano loro amputati così da poter essere ancora oggetto di esperimenti.

Ma essere nutrito solo di acqua distillata per vedere quanto a lungo si potesse sopravvivere, essere inserito in una camera iperbarica per scoprire a quale pressione potesse resistere il corpo umano, essere sottoposto ad un eccesso di raggi X, o vedersi iniettato il virus di qualsivoglia malattia, non possono di certo considerarsi degli esperimenti “migliori”.

Per non parlare della vivisezione, praticata senza alcun tipo di anestesia, che, secondo i Medici della morte, avrebbe alterato i risultati. Quelli sulle armi batteriologiche e chimiche venivano condotti sia all’interno di speciali camere, sia all’aperto. Venivano utilizzati gas mostarda, il fosgene, il cianuro di potassio e bombe contenenti insetti vettori di malattie, come per esempio pulci o spore di patologie, tra cui il tetano, la dissenteria, il colera, il tifo. La produzione di armi batteriologiche era indispensabile in quanto, a detta di Ishii Shiro, il Joseph Mengele giapponese, nonché ideatore di questo folle progetto di morte, erano incredibilmente economiche e soprattutto erano armi trasparenti.

Era infatti possibile causare delle tremende epidemie, accusando le scarse condizioni igieniche di esserne la causa. Queste armi poi venivano direttamente utilizzate sul campo. Si stima che gli attacchi mediante l’uso di armi chimiche e batteriologiche che colpirono 77 municipalità in 20 diverse province della Cina tra il 1939 e il 1945 furono 2091, causando la morte di 580 mila persone. La guerra batteriologica giapponese previde essenzialmente l’impiego di due differenti modalità: l’utilizzo di bombe e la disseminazione di batteri patogeni attraverso l’abbandono ad esempio di tavolette di cioccolato contenenti antrace sotto agli alberi o per le vie dei villaggi o la contaminazione dei pozzi d’acqua.
Nonostante sicuramente questa vicenda faccia venire i brividi a chiunque, la cosa che più sconvolge è il modo in cui venne tenuta nascosta e sotto silenzio per una quarantina di anni.Non appena infatti la Seconda Guerra Mondiale ebbe fine, l’ordine che venne impartito dal Giappone fu quello di eliminare tutte le prove, a partire dagli edifici che avevano ospitato tali atrocità, costringere al silenzio tutti gli ex collaboratori, pena la morte, bruciare tutti i documenti e assassinare tutti coloro che in questo momento si trovano all’interno delle Fabbriche della morte. L’obiettivo era far finta che non fossero mai esistite e che quello che vi era accaduto all’interno non fosse mai successo.
Il processo di insabbiamento venne sostenuto dagli Stati Uniti d’America, quando, grazie alle indagini condotte dal team di scienziati inviati in Giappone, guidati da Murray Sanders, un medico e microbiologo del Centro di ricerche sulle armi batteriologiche di Camp Detrick, il tenente colonnello Arvo Thompson e Norbert Fell, ci si rese conto delle gigantesche dimensioni delle scoperte fatte dai Medici della morte. Pur di avervi accesso, necessitando nel pieno della Guerra fredda, di armi che rendessero il Paese il più forte e competitivo, gli americani furono disposti a sapere ma a tacere.
Si diede vita ad uno “scambio”: il sapere in cambio dell’immunità giudiziaria. Immunità che permise ai medici che si erano macchiati dei più atroci e raccapriccianti atti, di diventare personalità di spicco nell’ambito medico e accademico giapponese. Ed fu così che l’Unità 731 e le unità gemelle non vennero mai più menzionate, né tantomeno i Medici della morte vennero processati durante il Processo di Tokyo (3 maggio 1946-12 novembre 1948). L’Unione Sovietica processò alcuni di essi durante il Processo di Khabarovsk (25-31 dicembre 1949), che però venne additato come “propaganda comunista” e per questo non ottenne la meritata attenzione.

Così le vittime delle Unità della morte non solo sono erano state assassinate brutalmente dalle malate mire degli ultra-nazionalisti giapponesi, ma vennero anche volutamente cancellate dalla Storia nel turpe ed egoistico progetto di diventare il Paese più forte e avanzato del mondo, portato avanti dagli Stati Uniti d’America. La crudeltà e spietatezza della Guerra fredda le uccise una seconda volta. Nessuno pensò davvero alle persone che avevano perso la loro vita e alle ingiustizie perpetrate per una quindicina di anni in Cina ed è così che i capitoli “guerra batteriologica” e “sperimentazione umana” vennero sigillati all’interno di un vaso, un vaso di Pandora che venne spalancato solo a distanza di anni grazie all’opera di studiosi, storici e studenti con la volontà di dar voce alla, per troppo tempo soffocata, verità.

Nonostante le moltissime pubblicazioni in Cina, Giappone e anche negli Stati Uniti d’America che videro la luce a partire dagli anni Ottanta, ancora oggi in Italia rimane una vicenda del tutto sconosciuta. Una vicenda che vista la gravità, l’orrore, le conseguenze al giorno d’oggi, in quanto le Fabbriche della morte sono uno dei temi caldi nel rapporto tra Cina e Giappone, merita di essere conosciuta.
Perché la storia delle vittime di questo piano diabolico non venga nuovamente tenuta sotto silenzio, ma venga conosciuta da tutti. Soprattutto da chi dice che, tra sushi, geishe, kung fu e samurai, “la Cina e il Giappone sono la stessa cosa”.

Se qualcuno ha dubbi che questa storia sia vera:

Invece di essere processati per crimini di guerra dopo la guerra, i ricercatori coinvolti nell'unità 731 furono segretamente dati immunità dagli Stati Uniti in cambio dei dati raccolti attraverso la sperimentazione umana. 
[5] Altri ricercatori che le forze sovietiche riuscirono ad arrestare per primi furono processati ai processi per crimini di guerra di Khabarovsk nel 1949. Gli americani non provarono i ricercatori in modo che le informazioni e l'esperienza acquisite nelle bio-armi potessero essere cooptate negli Stati Uniti. programma di guerra , come era successo con i ricercatori nazisti nell'operazione Paperclip . [6] Il 6 maggio 1947, Douglas MacArthur , come comandante supremo delle forze alleate, scrisse a Washington che "ulteriori dati, probabilmente alcune dichiarazioni di Ishii probabilmente possono essere ottenute informando i giapponesi coinvolti che le informazioni saranno conservate nei canali di intelligence e non saranno impiegate come prove di" Crimini di guerra ". [5] I resoconti delle vittime furono quindi largamente ignorati o respinti in Occidente come propaganda comunista . [7]
https://en.wikipedia.org/wiki/Unit_731

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